Sotterranea

DI MARY JO INTERMONTES CHERCHI

Jack Kerouac




Cari lettori, quanti lettori ci sono tra di voi?
Se per lettori s'intende quella parola desueta che si accoppia all'altrettanto antico manufatto di nome libro.
Sicuramente tantissimi, visto che per le mani avete un aggeggio di carta e non un supporto digitale... dove per altro si può leggere comunque agevolmente! Insomma siete arrivati in questa pagina, e in questa nuova rubrica, chissà se avrà il successone delle altre? Ovviamente non possiamo che prevedere di sì, dato che qua non si parlerà di scrittura e di tutte le sue ramificazioni, ma solo di letteratura, di storie.
Niente assilli su come improvvisarsi scrittori o come imparare ad esserlo con le famose 10 mosse.
Più che altro parleremo (scriveremo) di storie, di come la parola scritta possa suggerire, formare e trasformare la realtà. Scriveremo di gente che ha/ ha avuto il dono di saper raccontare le storie giuste nel momento giusto. Il momento conta quasi come la storia, secondo noi. E le cose di cui parleremo sono di quelle che piacciono a noi, e, cari lettori anche a voi.
Inauguriamo queste paginette con un omaggio a una vecchia conoscenza di molti, moltissimi, un tizio che ha scritto libri e poesie che se non fossero l'underground per antonomasia potrebbero passare per dei classici. Oppure no? Non possiamo che lasciare ad ulteriori posteri la sentenza e intanto, senza tanti giri, presentarvi il protagonista di questo primo appuntamento, colui a cui si deve il titolo di questa rubrica, il trend dei taccuini tascabili e la remota seduzione dell'autostop; il redneck cantore delle immense distese americane, l'appassionato amante della bottiglia e delle luci dell'autostrada. Avete capito no?
Siamo parlando del vecchio Jack, il padre di tutte le adolescenze, Jack Kerouac.

Va bene, chi di voi non ha letto Sulla Strada?
Il famoso romanzo generazionale, generatore di cloni - alcuni anche ben riusciti- generatore di sogni e ispirazione e, come si suol dire, generatore di stili di vita.
Stiamo parlando di un romanzo e di uno scrittore lontanissimo nel tempo, se consideriamo la velocità precipitosa con cui quel vecchio mondo si allontana da noi, che però nel suo modo bizzarro rimane incredibilmente attuale.
Impossibile indagare il perchè, sta di fatto che il vecchio Jack viene sempre tiraro fuori a proposito e a sproposito quando si parla di letteratura "giovanile", di sovversione delle regole stilistiche, di prosa musicale e quant'altro. Anche oggi a distanze siderali dal suo primo viaggio Sulla Strada. Eh sì, perchè quei viaggi raccontati in quel libro Jack li ha vissuti tutti, uno per uno, e quel romanzo là, scritto a macchina in un unico rullo di carta per telescriventi nel giro di tre settimane di guerra con l'oblio di ogni singolo attimo, non è altro che il racconto di un periodo della sua vita, il più felice forse, sicuramente il più folle e produttivo artisticamente.
Un periodo vissuto pericolosamente da un ventenne con alle spalle già tre o quattro carriere (half-back di football alla Columbia University, marinaio semplice, macchinista, giovin scrittore già autore di un romanzo).
Alla fine degli anni '40 il vecchio Jack era fresco di divorzio dalla prima moglie e membro di punta di uno dei club più esclusivi della storia della cultura moderna, solo che ancora né lui né gli altri soci ne erano a conoscenza. Stiamo parlando della Beat Generation ovviamente, ai tempi ancora l'embrione di un movimento che di lì a 10 anni avrebbe travolto il mondo; al tempo solo un gruppo di amici con la passione per l'arte, la scrittura, la rivoluzione.
Una crew formata da matricole con una borsa di studio, rampolli di antiche famiglie del Sud, ladruncoli di quartiere con il coltello facile, militari part time, vedove universitarie con dipendenze più o meno pesanti, tutta gente incredibilmente dedita alla lettura e alle sperimentazione della vita. Le menti migliori della loro generazione (parafrasando uno dei migliori amici di Jack, il poeta Allen Ginsberg) sono venute fuori da lì, dagli appartamenti semiarredati, fumosi e lerci e le strade lucide e poco raccomandabili di New York City.
Molti forse superficialmente, associano la scrittura di Kerouac a una sorta di "stile" che venne fuori da quel calderone di talenti, poi chiamato Beat Generation, ma lo stesso Jack, insistentemente interrogato dai media una volta famoso, decise di buttare giù un manifesto di quella nuova scrittura che lui chiamava prosa spontanea: questa non è altro che una sorta di joyciano "flusso di coscienza" alterato da cospicue dosi di anfetamina, alcol e musica.
La musica ha ossessivamente invaso la prosa e la poesia di Jack sin dai primi tentativi di composizione, e stiamo parlando -attenzione!- di anni assolutamente precedenti alla rivoluzione del rock'n'roll. Negli anni '40 negli ambienti hipster più esclusivi andavano forte i concerti di futuri mostri del jazz, come Charlie Bird Parker e Dizzie Gillespie, che nella loro stessa improvvisazione avevano praticamente creato un genere nuovo, più duro e sincopato, il bebop.
Jack e i suoi amici ne erano appassionati fan e spesso passavano le serate in qualche ballroom dove si finiva quasi a pogare sotto il palco, in una altrimenti inammissibile promiscuità tra uomini e ragazze, bianchi e negri. Sono i romanzi metropolitani di Kerouac specialmente che trasudano bebop e neologismi.
L'America si stava risvegliando dalla guerra sotto il nuovo l'incubo di un attacco atomico che sarebbe durato almeno altri 10 anni e quella generazione di mezzo, nell'urgenza di vivere velocissimamente il presente, si inventa nuovi termini: lo slang sboccato e impreciso che Jack ascolta per le strade e annota pedissecuamente nel suo taccuino porterà a delle vere e proprie illuminazioni poetiche.
Basta pensare al significato del termine beat: pare venga proprio da una conversazione tra il Jack futuro scrittore e il futuro scrittore Herbert Huncke, ai tempi ancora un borseggiatore tossico: "man, I am a beat" disse Huncke, cosa che potrebbe suonare come "amico, sono pesto" ridotto male, all'ultimo stadio. E Jack in quella parola ci vide invece tutta una beatitudine di intenti e di interiorità. "Battuti e beati" non a caso è il sottotitolo di migliaia di saggi su Jack e i beat. Non basterebbero interi rulli per raccontare di questa storia, se ce ne fosse bisogno.
I personaggi dei libri di Kerouac, tutti realmente esistiti su questa terra, hanno dato alle stampe più di una loro versione di questo miracolo americano, con la conseguenza di un moltiplicarsi di opere e poesie sulla stessa storia, tutte più o meno belle, impegnative, ostiche, disturbanti, oscene e meravigliose.
Ma per conoscere la vita di Kerouac non è nemmeno necessario consultare una biografia, tutto sta nei suoi romanzi: a ritroso si potrebbe ricostruire in filigrana la storia di Ti Jean, figlio di emigrati franco-canadesi, nato tra i boschi del Massachussets, che imparò l'inglese solo a scuola, incontrò il dottor Sax, l'uomo invisibile, a 14 anni: si diede un nuovo nome allora, Jack Duluoz... e lì cominciò la sua leggenda.

Mary Jo Intermontes Cherchi

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