Essi vivono

di Giuseppe Sanna

Resistenza o valvola di fessura
Davide Chessa
Autoproduzione, 2016


Una buona poesia è quella che si erge dal foglio come un soldato – forse d'altri tempi – in prima linea, sprezzante della vita e dunque della morte. Questa è l'impressione che si ha leggendo Resistenza o valvola di fessura, silloge di Davide Chessa, un poeta in prima linea che mette subito in chiaro una cosa, scrivendola a caratteri cubitali: LOVE IS THE BEGINNING. Il concetto è chiaro, accessibile a tutti, l'amore è l'inizio, di ogni cosa.
Ciò che stupisce è il modo in cui questo amore generatore viene espresso in versi spesso distanziati tra loro, come a ricreare i pensieri dell’autore, sempre in bilico tra presenza e assenza, tra l'immagine puramente simbolica e la materia carne del momento. Davide attraversa le pagine come un funambolo vestito di nero, oscillando tra riferimenti alla vita vissuta e una filosofia più ampia, studiata con passione e ritagliata su se stesso e sulla sua opera.
Resistenza o valvola di fessura è distante anni luce dalla poesia moderna usa e getta, fatta di testi brevi e condivisibili sui social dalle più svariate tipologie di persone.
Non c'è morale qui, non c'è un lieto fine né un facile ottimismo o cinismo. Qui l'intenzione è arrivare all'osso della vita, sia essa polposa o scarna e indurita a seconda dei periodi.

"Che rumore farà il nostro petto sfondato dal treno? Che rumore farà?"

Il libro arriva alla sua conclusione, ammesso che una raccolta di poesie abbia un inizio e una fine, esattamente come era cominciato, con dei caratteri cubitali che riportano subito alla memoria un pezzo di Bob Dylan del 1988 (ma se preferite la versione di Nick Cave del 1996, vi capisco): DEATH IS NOT THE END.
Epitaffio che fa da preludio all'ultima poesia, non elencata nell'indice.
Nota di merito alla grafica di copertina e retrocopertina, entrambe su sfondo rigorosamente nero, dove anche in questo caso ritroviamo l'alternanza del simbolo e della vita intesa come quella cosa chiara o quantomeno visibile e confutabile con i sensi umani basilari. Sul fronte dunque una giovane ragazza poco più che adolescente in un giardino, in posa con maglione nero e mutandine bianche e null'altro, se non una sigaretta stretta tra le dita. Sul retro il simbolo dell'ouroboros, un serpente che si morde la coda, a simboleggiare l'eterna ciclicità delle cose e il costante consumarsi e rinnovarsi dell'energia universale.
Trovatelo, leggetelo e ringraziate il buon Dio per l'esistenza dei poeti su questa Terra.
Essi vivono.
Amen.

Giuseppe Sanna



davideftn.wordpress.com












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