Jason News

di Paolo Lubinu

Come giornale che si occupa di cultura underground sentiamo il dovere di dedicare un editoriale a questa giornata particolare (citazione voluta), a ciò che rappresenta oggi il 25 aprile, almeno per noi disgraziati piccolo borghesi individualisti: ebbene, non è la fine di una guerra quasi dimenticata che celebriamo, e nemmeno una resistenza partigiana incomprensibile, in fondo che significa morire per la libertà?
Ciò che a noi sta davvero a cuore – e per questo ringraziamo la costituzione italiana, il consumismo sfavillante degli anni ‘80 e la pornografia in tutte le sue diramazioni – è la libertà di fottercene, di ballare e suonare musica bizzarra e vivere come se fossimo i protagonisti di una serie tv, dove sono tutti giovani e belli (in realtà invecchiamo da schifo ma non ce ne accorgiamo) e siccome siamo sempre giovani e belli non possiamo morire.
Noi celebriamo la vita quindi, la nostra immortalità. Morire è espressamente vietato dalla legge, costi quel che costi. E a pensarci bene, morire per la libertà è un po’ da stronzi.
Certo in questa fase 1 – barra fase 2, barra attenzione alla nuova ondata che certamente arriverà in autunno – molti crepano perché non reggono all’idea che l’emergenza sarà uno stato perenne. Ma ragazzi, è il 25 aprile, suvvia… resistenza!
Dobbiamo resistere resistere e resistere. Nel giro di pochi mesi torneremo a consumare come prima, ma più sicuri, più protetti dallo Stato o addirittura da un piano europeo o mondiale o ultraplanetario (no dai, qui si scherza).
Forse non siamo tanto liberi in questo momento, ma non eravamo tanto liberi neanche prima quando giocavamo a scaricare le app di che verdura sei (lo dice il meme esplicativo commissionato dal governo, che se no le cose non le capiamo). Insomma il discorso sulla libertà –  individuale, piccolo borghese, gretta, egoista, sporcacciona, indegna – appare davvero fuori moda. E fuori luogo.
Ci lamentiamo ancora della corsetta, della passeggiata, della scopatina con l’amante o con la fidanzata che non vediamo da un mese e mezzo. E gli amici, la famiglia, il lavoro, l’affitto. I figli che non siamo in grado di tenere secchi e pesti in casa. Siamo proprio dei disgraziati, incorreggibili piccolo borghesi.
Ma parliamoci chiaro: dopo un certo numero di battute lo sponsor ci lascia una discreta libertà. È scientificamente provato che il lettore funzionale non vada oltre le 2000 battute e tu che sei arrivato fino a qua devi essere un pazzo, continua pure a leggere, con tutta probabilità la tua opinione non avrà nessuna influenza.
Devi sapere che molta informazione pubblica, privata, professionale e dilettantesca funziona in questo modo, veicola pubblicità o propaganda su commissione diretta di uno sponsor o di un esponente politico. Si chiamano redazionali. Il redazionale è un articolo pubblicitario dove la pubblicità viene presentata sotto forma di informazione. Lo scopo è quello di condizionare il lettore che trovandosi davanti a un normale articolo – magari di un giornale affidabile – interpreta la pubblicità o la propaganda come un fatto. Nell’informazione dilettantesca rientrano gli influencer, pagati appunto da imprenditori o politici per veicolare messaggi precisi attraverso post che appaiono spontanei.

L’informazione plurale è l’unico strumento che abbiamo a disposizione per restare vigili in questo 25 aprile molto triste; dopodiché verrebbe la discussione. Ma non è possibile una reale discussione sui social, perciò bisogna cercare di discutere – attraverso i mezzi disponibili – con amici colleghi parenti e conoscenti, cercando di restare lucidi, vigili, ed esercitare al massimo la democrazia facendo leva su associazioni e organizzazioni che si occupano di diritti, ma anche su istituzioni o associazioni di professionisti come avvocati e magistrati, purché indipendenti.
La libertà non è un’opzione e non è una concessione dello Stato o del governo.
Restiamo a casa – per il momento – perché ce lo dice il buon senso.
Siamo fermi, ma non passivi.
Viva la Liberazione.
Viva il 25 aprile

 
Paolo Lubinu
e la Redazione Underground X







ph. di Andrew Kravchenko, Kiev - 2014








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