Recensioni





De Grinpipol - Elephants / CD
Fabio Demontis / 2017
Rock
Ascolta il brano: M.F


I dischi ben prodotti di solito hanno una caratteristica precisa, quella di ricreare un amalgama che fa suonare le tracce come canzoni di un disco e non come una semplice, sequenziale, playlist. Elephants è un disco ben prodotto ed è anche e soprattutto un bel disco. I cambi di percorso ci sono e si sentono, ma seguono una strada precisa. Si parte con Pal-o-matic, sembra di stare in un locale, rumori d’ambiente, vociare sullo sfondo, il vetro di bicchieri che sbattono. Partenza intima, come l’inizio di un live che non cerca attenzione. C’è una chitarra acustica, colori folk, un pensiero va a Elliott Smith. Arriva Divine e le cose cambiano in fretta. Il suono è ruggente, la sezione ritmica avanti, la voce falsetta, cambia, sussurra, gioca, grida. I De Grinpipol che conoscevo tornano sulla tre: M.F. E tornano le birre sudate sopra e sotto il palco, il sole senza stagioni, i piedi che sollevano sabbia e polvere in una spiaggia di concerti infiniti. Il plus sul finale ti porta in alto sorridendo, è un giro gratis sul disco volante, alla guida potrebbero esserci i Bee Gees in un featuring con gli Offsprings. Ed ecco il brano più elegante e raffinato del disco: A wonder is about to start, elegante nei suoni che spalmano e asciugano, nelle chitarre che intrecciano fili morbidi. È il pezzo che strappa la lode alla produzione artistica di Fabio Demontis. In Sardegna i dischi buoni si fanno da sempre, ma oggi iniziano a vedersi in giro meno fonici e più produttori ed è una cosa che fa bene a tutti i livelli. Arriva Place to forget con dei suoni super-fat che richiamano quelli sentiti all’inizio su Divine: il suono grasso di Orange si spezza sul ritornello – più classic rock – dove non sai se ballare, saltare o girarla all’headbanging. Ancora atmosfere minimal sull’unico cantato in italiano: Quello che importa, ma non più di tanto. La batteria essenziale si accompagna al synth, poi il brano inizia a rotolare, l’interpretazione vocale si svela e sul finale il decollo. Ci si avvicina alla fine con Something low, something high, canzone che confonde, melodicamente solare ma rivestita da un sound aggressivo. Ci saluta Sunrise, nona ed ultima, posizione perfetta in ascolto. Buona la ricetta di contrasti anche in questo caso, interessante soprattutto la capacità del brano di alimentare una strana tensione emotiva pur muovendosi nella sua leggerezza di fondo. Mi tenta molto l’idea di affermare che Elephants sia il disco più bello, più vero e più riuscito dei De Grinpipol, ma non lo dirò, dirò solo che è un disco vero e importante, uno di quei dischi di cui un musicista può essere felice a lungo, forse per sempre.

Pasquale Demis Posadinu


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