Interviste

DI JACK SPARRA

Bassi dice sempre quello che pensa, con la cognizione di causa e l’onestà di chi ha lavorato sodo negli anni senza mai fermarsi...



Era il 1975 quando i Chocolate Milk di New Orleans diedero alle stampe “Action Speaks Louder Than Words”, un funk acido downtempo il cui break in futuro diventerà fonte di ispirazione per numerosi producer alla ricerca del beat perfetto. Dopo aver ripetuto all’infinito la frase del titolo, a metà brano il cantante Frank Richard modula “Mister Say is nothing / Mister Do is the man”; ecco, questo è esattamente il tipo di attitudine che mi viene in mente quando penso ad un artista come Bassi Maestro. Come avrete modo di leggere nell’intervista, Bassi dice sempre quello che pensa, con la cognizione di causa e l’onestà di chi ha lavorato sodo negli anni senza mai fermarsi, di modo da lasciare l’ultima parola, incontrovertibile, ai soli che possono legittimamente detenerla: i fatti.

Considerato che ora più che mai chi si ferma è perduto, negli ultimi tempi stai lavorando non ad uno ma a due progetti distinti. Parliamo prima di Down with Bassi, appuntamento fisso su Youtube dove apri il tuo salotto buono a illustri esponenti della scena italiana. Come ti trovi in questa veste di host?

Down with Bassi è un format che si ispira ai podcast americani di stampo "radiofonico", disponibili in solo formato audio, dove l'ospite è a suo agio e oltre alla sua storia racconta anche aneddoti e episodi di cui nelle interviste ufficiali per ovvi motivi non c'è modo di parlare. L'idea è stata quella di creare un format fatto per il pubblico italiano, con ospiti che avessero alle spalle un bel po' di anni di storia e di esperienza nel campo della musica, in modo da poter avvicinare anche i più giovani ad alcuni aspetti e risvolti storici che rischiano di andare dimenticati. Il programma è autoprodotto e la sua forza è quella di essere completamente indipendente e slegato da ritmi e dinamiche che si trovano nei canali ufficiali. Io mi sono un po' inventato un lavoro, ma ora che ho vent'anni di esperienza nel settore mi sento anche meno "in competizione" e abbastanza sopra le parti per poterlo fare, negli ultimi tre anni ho fatto tanta radio e questo mi ha sicuramente aiutato ad andare dritto al punto, quando serve. Bosca è il moderatore ideale, sa tutto di musica e non solo, e sicuramente si è ritagliato un ruolo adatto alla sua figura.


L’altro progetto è Com Era Records, un’etichetta indipendente e totalmente dedicata a produzioni su vinile. Vuoi presentarci questo nuovo percorso?

L'idea di stampare su disco non è nuova, l'ho sempre fatto quando ho potuto, questo è un progetto in cantiere da anni ma che per motivi di mercato non avevo potuto realizzare. Ora che la gente si è avvicinata al vinile per moda credo sia il momento giusto per poter offrire un servizio di qualità con un concetto forte alle spalle. La passione per i dischi si acquisisce per poi crescere nel tempo, spero che anche grazie a queste release qualcuno si possa seriamente appassionare e portare avanti la tradizione.


In particolare, qual è il tuo punto di vista sul ritorno al formato analogico?

In teoria e sulla carta il digitale offre molto di più dell'analogico, maggiore qualità, nessun limite di spazio di archiviazione e facile fruibilità. Il problema è che il digitale a cui ci hanno abituati (gli mp3, i dischi su iTunes, i DIVX e così via) è di bassa qualità: abbiamo collezionato anni e Terabyte di merdate che non sappiamo nemmeno più cosa sono, e che forse non abbiamo mai ascoltato. C'era un bisogno ovvio di fare ordine e tornare ad avere in mano qualcosa che ti appartenga davvero, di fisico. Il vinile è il formato analogico che attualmente ci garantisce ancora maggior qualità rispetto al digitale compresso. C’è però il controsenso di quelli che comprano i dischi per ascoltarli (e rovinarli) con giradischi da 50 euro, o peggio ancora per tenerli sigillati in bella vista sullo scaffale. Questo ucciderà presto la moda del momento, e come sempre resterà solo il vero.


Pur mantenendo la tua identità, il tuo stile e la tua attitudine hai sempre prestato una certa attenzione alle nuove tendenze e alle evoluzioni del genere. Cosa ne pensi dell’ondata trap che sta diffondendosi a macchia d’olio in Italia, complici gli exploit di alcuni artisti emergenti?

Penso che sia appunto un’ondata, come tutte le ondate che arrivano e tendono a ritirarsi una volta saturato il mercato. Non ci vedo nulla di male, è il sound degli ultimi anni e in Italia abbiamo dei degni rappresentanti, posso solo dire che non mi sembra di vedere o sentire nulla di nuovo o che mi ispiri curiosità, mi sembra tutta roba già vista e sentita, che quando funziona è una bella copia delle produzioni made in USA. L'Hip Hop ha perso ogni identità culturale ed è diventato il suono di massa, tant’è vero che alcuni dei rapper che oggi prendono il microfono in mano sono l'antitesi dello stile e dell'immaginario creativo e rivoluzionario dell'Hip Hop originale. Alla gente piace la musica in prevalenza brutta e ce ne accorgiamo accendendo qualsiasi stazione radio (a parte Capital), è quindi giusto che nelle dinamiche del mercato ci sia in giro della bruttissima musica rap. Sta a chi ne ha cura scovare nel marasma di uscite le tante produzioni di qualità, che comunque non mancano!


Dieci album solisti in venti anni, senza contare gli street album, gli EP e i dischi realizzati in collaborazione, più un’enormità di featuring e beats concessi ad altri artisti. I numeri sono sempre freddi di per sé, eppure quelli della tua produzione artistica trasudano volontà, calore e passione, quella che un tempo chiamavamo “fotta” – “chi ha la fotta produce dischi, non drammi” sottolineo. Nonostante questo, pensi che alla tua carriera manchi qualcosa? Ti sono rimasti dei sogni nel cassetto?

Se devo essere oggettivo no, non mi manca nulla, faccio quello che voglio e quello che mi piace, me lo sono guadagnato e ho la fortuna di non dover scendere a compromessi e tantomeno di avere lo stress di dover arrivare sugli schermi degli italiani, nelle radio o cose simili; l'industria ufficiale non mi interessa, mi intristisce e ogni volta che ci lavoro non mi dà niente di più di quello che ho, tranne in rarissimi casi. Nonostante gli sforzi degli ultimi anni mi sarebbe comunque piaciuto avere più opportunità di suonare all'estero e viaggiare, forse avrei dovuto muovermi prima, chissà… comunque si lavora sempre per migliorarsi e andare oltre, quindi non è detto che non ci siano altre opportunità in futuro. Questo è il mio approccio da sempre, e non credo cambierà nel tempo!

Jack Sparra

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