Interviste

DI JACK SPARRA

A 27 anni, Senka è da considerare senza alcun dubbio come uno dei rappers più prolifici e determinati dell'intera isola. Non per niente fa parte, insieme a Jose Quervo, del duo Morto che Parla, che producendo i due capitoli dei mixtapes intitolati Esse Esse War ha contribuito a dare visibilità all'hip hop sassarese nel panorama nazionale.




Come solista ha recentemente prodotto Père Lachaise, un album che univa i risvolti macabri e grotteschi ai pensieri dell'uomo che sta dietro all'artista, e l'EP Roxy Park, dove Senka ha iniziato a mostrare il suo lato più rock, sia come tematiche che come sonorità.
Attitudine che viene definitivamente sancita in Drink n Drive, ultima fatica dell'MC di Sassari, disco in uscita per La Mannaia Records, che oltre ad essere la sua etichetta è anche il collettivo a cui appartiene.

Vuoi parlarci della genesi di Drink n Drive, dell'immaginario che volevi richiamare, nonché farci una breve panoramica dei brani che si possono trovare al suo interno?

Ho scritto il primo testo a maggio di quest'anno, campionando un vecchio pezzo hair metal con l'idea di provare a cambiare genere!
Andando avanti con la scrittura, però, ho sentito più naturale rapparci sopra, così ho deciso di produrre una cosa che rimanesse hip hop, ma con evidenti influenze rock.
L'immaginario del disco è abbastanza simile a quello che mi ha portato alla produzione di Père Lachaise, anche se in questo ho cercato di mettere un po' da parte il lato umano per creare un prodotto più duro, scrivendo testi più volgari, più schietti, più istintivi.
Credo che definire il mio immaginario meramente "horror" sia troppo semplicistico, pur essendo attratto da molte figure del genere in questione. Ricerco molto l'ambiguità, facendo uso di metafore interpretabili in modi differenti.
Penso infatti che sia giusto che l'ascoltatore possa interpretare un mio brano e farsi anche un'idea opposta, è questo uno dei lati affascinanti della musica.
In Drink n Drive mi sono trovato a trattare argomenti diversi, ma con un'attitudine di fondo comune.
I testi parlano di disperazione giovanile, con riferimenti alla situazione sociale italiana, ma ho dato spazio anche a temi come le paranoie personali, l'alcool, le droghe o il sesso. Prendo spunto da quello che vivo, pur non negando che alcune storie possano essere state romanzate, non parlo per forza di ciò che mi accade nella vita reale. Sotto un certo punto di vista, scrivere delle canzoni non è molto diverso dallo scrivere libri, ragion per cui, così come un qualsiasi narratore, posso decidere senza problemi di creare uno storytelling e cantare una storia con dei personaggi inventati, anche se c'è sempre un fondo di verità.

Tu hai un'estetica e uno stile decisamente street rock, sia per sonorità che per la stesura dei testi e la costruzione delle canzoni; puoi spiegarci meglio da dove deriva, e a cosa si ispira in particolare questa tua attitudine?

È molto semplice, deriva dai miei gusti musicali, da quello che ascolto quando sono a casa o quando sono in macchina e metto un cd nell'autoradio. Ultimamente il 90% di quello che ascolto è rock, metal, anche cose più leggere, basta che trattino argomenti un po' scottanti (ride).
Il rap che va in voga in questo momento raramente mi trasmette qualcosa, non mi piacciono né le sonorità né l'attitudine di molti artisti, preferisco le cose più grezze e stradaiole. Tuttavia non considero le strumentali del mio disco come dei beat old school: si sente che non è musica di 20 anni fa, ma allo stesso tempo non si allinea certamente con le recenti sonorità hip hop mainstream.
Del resto, son convinto che le sonorità ispirate al metal si prestino meglio ai miei testi.
Se, ad esempio, scrivo qualcosa che parla di un giovane con mille problemi, trovo che sia più congeniale utilizzare un beat con delle schitarrate, invece di un beat con sonorità elettroniche, se non proprio da discoteca.

Dopo più di un decennio di attività, prova a tirare un po' le somme della tua carriera musicale. Cosa ti spinge a continuare a fare tutto questo?

Qualche anno fa avrei risposto diversamente, ora posso dirti che la mia non è considerabile una carriera, nel senso che la musica per me non è una fonte di guadagno.
La passione è la prima cosa che ancora mi spinge a scrivere e registrare i miei testi, insieme alla voglia che ho di sentirmi diverso, fuori dal comune. Considero il fatto di fare musica come un aspetto affascinante nella vita di una persona, molto più di una qualsiasi altra professione "particolare", come può essere che so, la carriera sportiva.
In più l'amore per la musica ha sempre, fin da piccolo, assecondato il mio stato d'animo; senza la musica sarei perso, riesco sempre a trovare una canzone che si addice ad ogni particolare situazione, e questo mi fa stare bene.
È chiaro che ci sono i momenti in cui ho dei dubbi, in cui mi chiedo "ma chi me lo fa fare?", però è sempre lì che torno, alla musica.
Forse il fatto di fare un tipo di rap che non è in voga mi stimola ancora di più, perché è una cosa diversa rispetto alla stragrande maggioranza delle canzoni hip hop che si sentono in giro in questo periodo.

Appunto, le canzoni hip hop che si sentono in questi ultimi anni, in cui il rap ha sfondato nelle classifiche e si è imposto negli ambienti giovanili come genere di riferimento. Come vedi gli ultimi sviluppi di questa tendenza?

Non so se sia un'evoluzione, forse è un'involuzione... il suono che va di questi tempi, a mio parere, sa di plastica.
Non voglio negare l'esistenza di qualche pezzo orecchiabile, che in certi contesti può anche starci, ma sicuramente non è il genere di hip hop che fa per me. Apprezzo molto il fatto che comunque ci siano ancora gruppi o MC's solisti che non hanno preso questa direzione dell'elettronica, tenendosi invece su un suono più grezzo, senza che per questo la loro musica risulti vecchia.
Il problema è che ci sono ascoltatori che, per dire, conoscono Lil Wayne e non sanno cosa sia il Wu-Tang Clan!
Per poter dire di avere una cultura hip hop non ci si può certo fermare alla musica degli anni 2000, c'è molto altro, gli anni '90 hanno segnato la svolta, gli anni '80 sono state le radici.
Se devo essere sincero spero fortemente che torni in voga il suono di quei tempi, ovviamente in una veste rinnovata, mai dire mai.

Marcella M

ARTICOLO TRATTO DAL NUMERO 11 - NOVEMBRE 2013

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