In generale la possiamo definire come un giornaletto orgogliosamente indipendente e autoprodotto, in cui chi decide di darle vita ci si butta dentro anima e corpo.
Ciò che principalmente la fa esistere è la gran voglia di dare voce a tutto quello che si può definire alternativo: come può essere un certo movimento che va in direzione contraria o un concetto che non si vuole massificare.
È sicuramente un mondo estraneo ad ogni logica di mercato, qui le parole chiave sono piuttosto scambio e libertà di espressione: quindi chi scrive lo fa liberamente e in condizioni di parità con i suoi compagni, mentre chi legge è spinto da un vero interesse o addirittura da una passione.
Perciò quando si parla di fanzine si parla anche di autoproduzione, nel vero significato del termine perché chi la produce si occupa autonomamente di tutto: dalla creazione del giornaletto vera e propria all’imbastimento degli articoli, alla gestione dei contatti con le band passando per la promozione e la distribuzione finale. In genere si tratta di pochi fogli fotocopiati (almeno fino a qualche anno fa), rigorosamente in bianco nero visto che i soldi sono pochi, mentre il lavoro è tanto anche perché dietro le quinte si è in due o in tre, o da soli in molti casi.
Quindi il progetto va avanti a suon di autofinanziamenti, per la causa mica per altro.
Sì, in alcuni casi la fanza viene venduta ma a prezzi irrisori, giusto per ricavarne una parte di spesa, ma per lo più gira gratuitamente negli ambienti di settore: centri sociali, rock club, piccole librerie, giardini, muretti e ritrovi di giovani e appassionati.
Il sentimento che muove il tutto è il “far da sé” o “do it your self” se preferite. Dunque in un certo senso il discorso è politico anche se molti fanzinari storcono il naso davanti a questa parola.
È un fatto però che attraverso la musica si parla anche di società e di cultura e certo anche di quell’altra cosa là…, quindi vuoi o non vuoi le fanzine diventano spesso uno spazio di confronto e di condivisione delle problematiche che caratterizzano il nostro caro occidente. Ad esempio in Italia negli anni 70/80, in piena contestazione giovanile, le zine in circolazione affrontavano quegli argomenti contro il sistema dominante, contro i modelli culturali pre-confezionati come il femminismo e la libertà sessuale. Una gran varietà di fanze girò proprio in quegli anni, insieme alla miriade di musicassette duplicate dove lo scambio avveniva con il classico passa mano tra gli amici e gli amici degli amici. Le più diffuse, le cosiddette punkzine, allora venivano fuori come funghi resistendo anche per anni, in certi casi, ma il “lavoro” era quello solito: contestare il sistema e diffondere la cultura punk, ovviamente rifiutando le definizioni “ufficiali” dei giornalisti (terroristi…) perché dovevano essere loro, i punk, a parlare di punk.
Il discorso in molti casi, veniva esteso anche alle produzioni musicali, così le zine più perseveranti diventate poi etichette discografiche diedero un enorme contributo a far sì che il cosiddetto circuito underground diventasse qualcosa di concreto. Avete presente CCCP Fedele alla linea, Negazione, Disciplinatha, Punkreas, NeroOrgasmo? Bene, questi nomi negli anni 80 fecero il giro di tutto lo stivale grazie alle produzioni di etichette indipendenti come la Multimedia Attack, (in origine "Attack punkzine", fanzine nata per volontà di Helena Velena e della sua band i Raf punk) e la T.V.O.R Teste Vuote Ossa Rotte records (nata come caoszine hardcore punx ), per citarne alcune. Però! Altri tempi, chiaro…
Oggi è molto più “semplice” recuperare musica “underground” o qualsiasi altra curiosità su una band e sui vari fenomeni giovanili: basta digitare una parola sul motore di ricerca e via! Ecco una quantità interminabile di brani mp3, di videoclip, di articoli, foto e interviste… Insomma, tanto a disposizione ma quanto di vero e di vissuto? Quanto di quello che abbiamo a disposizione è veramente letto e ascoltato? O magari condiviso, dico, nel vero senso della parola?
Mah… credo che la risposta la conosciamo un po’ tutti! Io, per conto mio, e così i miei compagni di fanza facciamo il nostro, ma non per amore del feticcio, blah! Noi usiamo i mezzi che troviamo in giro per proseguire con un certo discorso, a modo nostro, ovvio. Ecco perché la nostra zine non è fotocopiata, semplicemente perché ci sono in giro le stampanti da bel un pezzo. Per il resto, l’essenziale resta quello: autoproduzione, indipendenza e passione. Beh, c’è ancora qualcos’altro, sì, ma per il momento cari amici, manteniamo il segreto…
Marcella Muglia
ARTICOLO TRATTO DAL NUMERO 10 - GIUGNO 2013